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martedì, 3 Dicembre 2024
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Fitting apparecchi acustici, quali prove pretendere dall’Audioprotesista

Fitting apparecchi acustici, in cosa consiste e perché richiederlo

Con il titolo “Real-Ear Measurements Are a Must for Patient and Professional Satisfaction“, Terry Ross, Director of Business Development at Beltone Corporation, ha esposto in un articolo una serie di considerazioni sulle misure effettive, o prove di reale efficacia, che ogni Audioprotesista dovrebbe fare proprie, per realizzare ciò che s’intende con l’espressione “fitting apparecchi acustici“.

Quando? Quando l’Audioprotesista si accinge a effettuare il “fitting apparecchi acustici” (cioè l’adattamento personalizzato) degli apparecchi all’orecchio del proprio cliente/paziente.

Adattamento personalizzato degli apparecchi acustici

La casa produttrice degli apparecchi acustici li fornisce infatti già tarati su determinate frequenze, ma non è detto che queste si adattino perfettamente al singolo individuo in maniera ottimale.

Le esigenze di adattamento sono diverse, stante il fatto che ogni orecchio è un caso a sé, e ha quindi bisogno di aggiustamenti specifici e su misura.

Il fatto è che non tutti gli Audioprotesisti adottano questa procedura (non solo negli Stati Uniti, cui l’articolo fa riferimento, ma neppure in Italia).

A questo proposito è utile rileggere l‘intervista al Prof. Pietro Scimemi che ho realizzato qualche tempo fa proprio su questo blog.

Nell’articolo che presento oggi Terry Ross ribadisce la necessità di effettuare le prove in situ, cioè verificando qual è il reale guadagno uditivo per il paziente, e si rammarica vivamente che queste prove non vengano eseguite dalla stragrande maggioranza degli Audioprotesisti professionali.

L’articolo in realtà è piuttosto datato (2012), ma appare evidente che da allora la situazione non è affatto cambiata, tant’è che l’autore ha sentito il bisogno di sottolineare ulteriormente quanto aveva scritto allora, conservando però intatta la sostanza del discorso, anzi ribadendola con maggiore forza.

Ecco quanto afferma nell’articolo in questione:

«Gli Audioprotesisti non eseguono le prove in situ, e vi spiego quali sono le cinque (inammissibili) scuse che adducono per giustificare il proprio inadeguato comportamento, poco professionale.»

Quali sono le cinque scuse addotte dagli Audioprotesisti

Premesso che un corretto fitting apparecchi acustici non può prescindere dalle prove in situ, di seguito riporto le cinque scuse elencate da Ross, che gli Audioprotesisti mettono in campo al fine di giustificare il loro comportamento non proprio professionale.

    1. “Le misurazioni in situ richiedono troppo tempo.” Questa scusa è semplicemente ridicola. In realtà, una volta che ci si è impadroniti del protocollo – sostiene Ross – il tempo necessario per eseguire correttamente le prove non richiede più di 3-5 minuti per orecchio. Senza contare che un corretto fitting iniziale riduce drasticamente del 45-50% la necessità di visite ulteriori post-fitting.
    2. “Eseguo fitting apparecchi acustici con successo da oltre vent’anni e non ho quindi bisogno di far ricorso a specifiche prove in situ. Piuttosto arrogante, non vi pare? – è il commento di Ross. E si domanda come faccia questo professionista a essere così sicuro di aver realmente ottimizzato l’adattamento degli apparecchi acustici all’orecchio del paziente. Su quali dati inoppugnabili si basa la sua affermazione? Dispone di una prova oggettiva?
    3. “Mi basta fare affidamento sul fitting standard a cura dell’azienda produttrice”. Purtroppo non basta. Studi ripetuti nel tempo dimostrano che le performance degli apparecchi acustici possono discostarsi anche di 15-40 dB dal target desiderato rispetto al fitting standard a cura del produttore. Seguendo l’algoritmo dell’azienda produttrice – ancora Ross – si arriva nelle vicinanze, ma non all’indirizzo esatto! E il paziente vuole invece arrivare esattamente a destinazione…
    4. “Ho il timore di dover ammettere che il fitting eseguito in precedenza, senza prove in situ, fosse sbagliato”. Questa è una risposta reale che Ross ha avuto da un Audioprotesista. In realtà il professionista dovrebbe essere felice di avere a disposizione lo strumento per correggere in un attimo una valutazione errata!
    5. “Sono terrorizzato all’idea di dover introdurre il sondino nell’orecchio del paziente”. Questo timore è legittimo – afferma Ross. E aggiunge: «Se andiamo a vedere come stanno realmente le cose, credo che questo sia il vero motivo per cui le prove in situ non vengono eseguite.» Come si supera questa difficoltà? Ross suggerisce che l’unico modo per acquisire una tecnica è quella di far pratica, coinvolgendo il paziente e chiedendo la sua collaborazione per evitargli eventuali fastidi.

Continuo a chiedermi – conclude Ross – come mai, avendo a disposizione una fantastica tecnologia che ci permette di conseguire risultati eccellenti, gli Audioprotesisti si ostinino a ignorarne i vantaggi per loro stessi e soprattutto per i pazienti.

Be’, adesso sai qualcosa in più su ciò che l’Audioprotesista potrebbe o dovrebbe fare per mettere a punto un corretto fitting degli apparecchi acustici.

Prova a chiedergli se, nel tuo caso specifico, sta effettivamente eseguendo le prove in situ, e in caso contrario pretendi che vengano effettuate con cura e precisione.

[by Acufeni, che fare?]

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