Difetto acufeni, quanto c’entra l’udito e quanto il cervello
Se è vero, com’è vero, che il difetto acufeni non è soltanto questione di udito, ma ha a che fare con il cervello (vedi ricerca in fondo al post), la domanda è: «Si può, se si può, intervenire sul cervello per risolvere il problema?».
Non fare il furbo, conosco già la risposta che ti sei immediatamente dato: «No, non è possibile. A meno di aprire la scatola cranica e mettere le mani sul cervello. Ma dove? A casaccio? Non se ne parla.»
Giustissimo. Naturalmente se questa risposta fosse vera, ma non lo è, il difetto acufeni potrebbe continuare a tormentare tutti quelli che ne siamo affetti per omnia saecula saeculorum.
Per fortuna le cose non stanno così, ed è anche dimostrato.
Premessa sul difetto acufeni e sulle sue origini
La ricerca cui accennavo prima risale al 2011 (un’epoca fa), è stata pubblicata su Neuron, e riferendosi al difetto acufeni titola: “Tuning out the noise: Limbic-auditory interactions in tinnitus”.
Come tutti ormai sappiamo per lunga frequentazione, “acufeni” in inglese si dice “tinnitus”, ed è quindi facile capire anche senza tradurre che il discorso verte sul difetto acufeni e le interazioni con il sistema limbico, cioè, ma andatelo a dire agli Otorino, l’udito in quanto tale c’entra e non c’entra.
In sostanza il ragionamento è il seguente (cito dall’abstract): «Se le regioni limbiche sono compromesse, il meccanismo che presiede alla “cancellazione del rumore” va in tilt, e il risultato è un difetto acufeni cronico.»
Ne consegue a rigor di logica che se vogliamo eliminare o risolvere o attenuare il difetto acufeni, non dovremmo agire tanto sull’orecchio ma sul cervello.
Ma come facciamo, se questo è, per così dire, fisso e immutabile?
Possiamo agire sul cervello per risolvere il difetto acufeni?
Il fatto è che il cervello è tutt’altro che fisso e immutabile, come si credeva fino a non molto tempo fa, ma al contrario, è plastico (non di plastica, ma nel senso che si lascia plasmare) ed è soggetto al mutamento come ogni altra parte o porzione del nostro corpo. Si chiama scientificamente “neurogenesi“.
Dice David Perlmutter (il neurologo americano che cito spesso e volentieri): «Se le vittime di ictus possono imparare di nuovo a parlare e le persone nate senza una parte del cervello possono addestrarlo riprogrammandolo affinché svolga anche le funzioni della porzione mancante, immaginate le possibilità per quelli di noi che sperano solo di conservare le proprie facoltà mentali.»
Sottoscrivi anche tu dalla prima all’ultima parola? Io mi sento di farlo in piena fiducia. E da adesso in avanti sarò impegnato fino all’ultimo giorno alla soluzione del problema “difetto acufeni + Ménière” a livello cerebrale.
Come fare? Bella domanda.
Preferisco continuare il discorso nel post di domani, se avrai la pazienza di seguirmi, perché lo voglio svolgere con tutta calma.
Ti prometto che non racconterò “storie”, ma solo fatti ben documentati e azioni facili da compiere e alla portata di tutti.
Intanto goditi la speranza che il caro Perlmutter ci infonde. Non costa nulla, ma non per questo è meno “scientifica”.
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Buona giornata!
P.S. -1- Se anche tu hai lo stesso problema degli acufeni o di Ménière lascia un commento e, se lo vuoi, descrivi la tua esperienza. Chissà che insieme non troviamo la soluzione.
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[by Acufeni, che fare?]