Metamedicina, serve anche per Acufeni e Ménière?
Non avevo mai sentito parlare prima d’ora di Metamedicina.
Qualche giorno fa una cara amica con cui condivido certi lavori sul corpo presso il Centro Monari di Bologna (fisioterapia) mi ha scritto una lunga mail sull’argomento.
Conosce bene infatti qual è la mia personale situazione con gli Acufeni e Ménière e ha pensato bene di propormi qualche suggerimento sulla Metamedicina, nel caso potesse servirmi quantomeno per trovare l’origine del mio male e ragionarci per guarire, hai visto mai?
In sostanza, dove la Medicina ha fallito (perché ha fallito, su questo non ho dubbi e credo neppure tu), potrebbe venire in soccorso la Metamedicina.
La Metamedicina non è una medicina a metà
Punto primo, giusto per non farsi trarre in inganno, la Metamedicina non è una medicina a metà (se no andremmo di male in peggio), ma una disciplina che va oltre la medicina, almeno oltre quella che conosciamo noi oggi.
Con mia grande sorpresa ho realizzato in pochissimo tempo (magia di internetti) che il fenomeno è diffusissimo e oltremodo popolare, e io non ne sapevo niente, sono proprio fuori, ecco perché non guarisco…
L’ideatrice del metodo (non saprei come altro chiamarlo) è la microbiologa canadese Claudia Rainville che lo ha applicato in primis a se stessa (salvata per il rotto della cuffia da un suicidio) per poi espanderlo in tutto il mondo.
Il suo Il grande Dizionario della Metamedicina reca il sottotitolo “Guarire interpretando i messaggi del corpo“, dal che è facile evincere quale è l’essenza della proposta.
Ma torniamo alla mail della mia amica
Mi scrive: «Tra noi amiche il “Dizionario della Metamedicina” lo chiamiamo il libro della verità)…
Sicuramente il primo passo è capire da dove è partito tutto (l’episodio che ha scatenato lo stato d’animo; le persone coinvolte, le situazioni che successivamente hanno riportato alla luce le vecchie ferite e qualsiasi altra informazione utile).
In questo modo il punto di partenza è individuato e dunque la ricerca e gli episodi sono definiti (si lavora solo su quelli)… poi io posso dirti che lavoro sull’episodio con vari strumenti (quelli che ho imparato in questi anni, pnl, meditazione ecc…).
Ho smesso di cercare di capire il perché in quanto da un certo punto della mia vita in poi l’ho trovato sviante – mi impediva di accertare la sensazione e lo stato d’animo che mi era scaturito da una situazione, non mi dava soddisfazione in quanto ne potevo trovare tanti di perché, e la mia mente ad un certo punto si distraeva.
La domanda importante è invece: “Qual è il prezioso messaggio che vuole darmi la mia malattia?“.
Ovviamente Claudia Rainville ha scritto tantissimi libri con cui si potrebbe lavorare da soli (libri che io ho letto e da cui ho estrapolato delle strategie che uso in continuazione), ma se questo è uno strumento poco utile o tu senti il bisogno di essere affiancato da un professionista puoi verificare sul sito http://it.metamedecine.com. Qui trovi tutte le informazioni, professionisti in metamedicina certificati, i libri che ha pubblicato ecc…
Inutile dirti che la cosa principale da cui parte il processo di guarigione è il desiderio profondo di voler guarire e di volersi e voler abbracciare il messaggio che ci si vuole dare; ascoltarsi nell’intimo senza corazze o difese per potersi parlare onestamente.
Dunque, accettarsi con le zone di BUIO e quelle di LUCE, amarle entrambe, abbracciarle e soprattutto perdonarle.
Posso aggiungere che dalla mia esperienza (diretta ed indiretta) ho potuto constatare la forza della comprensione ogni volta che ho ascoltato me stessa ed ho capito il messaggio che mi volevo dare il sintomo-malattia è sparito come d’incanto.
Come ti ho già detto gli strumenti da utilizzare per capire non il perché, ma cosa ci si vuole dire con quella patologia, sono diversi e si possono imparare in maniera diretta (attraverso le letture) o usarli in modo indiretto attraverso dei professionisti…»
Cosa me ne faccio di queste informazioni?
Immagino sia questa la domanda che ti stai ponendo in questo momento. Lo so perché è la stessa che mi sono posto io quando ho ricevuto la mail.
Sorprendente il fatto che anche il mio Audioprotesista è un fautore della disciplina (ma non me ne aveva mai parlato prima): non solo ha letto tutti i libri della Rainville ma frequenta assiduamente gli incontri che la “congregazione” propone qua e là sul territorio.
In ogni caso, mi sono preso la briga di verificare dal “Grande Dizionario di Metamedicina” la voce “Acufene”.
Leggo: «Rumore interno all’orecchio sentito unicamente dalla persona che ne è affetta. Nel caso di un acufene è importante identificare il tipo di rumore che si sente, ciò che esso rappresenta per noi e capire se ci stiamo mettendo sotto pressione per non ascoltare i nostri bisogni e le emozioni legate a questo rumore.»
Seguono alcuni esempi di persone con acufeni, come quello della donna che aveva negli orecchi il frinire delle cicale. Cicale uguale estate; estate uguale vacanze; vacanze uguale bisogno di prendersi un periodo di riposo. In questo caso la cura può essere la vacanza? Uhm, sarebbe troppo facile, ma pare che per la donna dell’esempio sia stata la soluzione giusta.
Il punto di partenza per la cura è la presa di coscienza che nello specifico, per gli acufeni, dovrebbe portare alle domande che seguono:
«Qual è la pressione interna di cui mi carico attraverso i miei monologhi interiori?
Mi dico: “Bisogna che finisca quello che ho iniziato… Devo resistere… Devo riuscirci… Bisogna che continui…” mentre in fondo al cuore vorrei occuparmi d’altro?
Che cosa non voglio sentire nel mio intimo dato che non vedo soluzioni?
E’ forse il bisogno di fermarmi, di mettere un termine al mio lavoro, di godere un po’ più della vita, di andare in pensione?
E’ forse la tristezza che mi pervade, il sentimento di solitudine che mi fa soffrire, la difficoltà che ho a raggiungere la persona che amo?»
La domanda è: perché non provare?
Certo si possono guardare con sufficienza tutte queste belle robe, o considerarle facili illusioni per persone ingenue. Ma in realtà con quale beneficio, se non per soddisfare il nostro bisogno di “razionalità”?
Se sei solito frequentare i gruppi che su Facebook dedicano la loro attenzione agli Acufeni come faccio io, avrai notato che non passa giorno senza che ci sia qualcuno pronto a chiedere se gli altri componenti del gruppo hanno usato questo o quel prodotto medicinale “miracoloso”.
E la risposta costante è che per gli Acufeni non esistono farmaci validi e che nessuna farmacopea è venuta finora a capo del problema (psicofarmaci compresi, li ho provati sotto prescrizione medica per due giorni e al terzo sono caduto per terra procurandomi una gran ferita al capo e conseguente sutura al pronto soccorso, carino, no? Meglio tenersi gli acufeni).
In altra occasione ho parlato del Metodo Coué, deriso da molti, eppure efficace se si entra nel meccanismo.
Per far sparire gli acufeni?
No di certo (non sono riuscito ancora a tanto), ma per trovare il modo per non soccombere, questo sì.
Così come trovo un grande aiuto nello studio della Chiave Suprema di Charles F. Haanel (non ce l’hai? faresti bene a procurartelo).
Dovrei forse vergognarmi per averlo letto e perché lo tengo come libro di meditazione? Neppure per sogno, non ne traggo altro che benefici!
Meditate, gente, meditate!