Ecco una delle affermazioni più irritanti, ignoranti, ed offensive per i terapisti e per le famiglie che sono stati in grado di ottenere velocemente buoni risultati nella loro lotta contro l’autismo.
Purtroppo è ancora diffuso l’odioso luogo comune secondo il quale dall’autismo non si può venir fuori, e soprattutto non sarebbe possibile che un autistico riesca a migliorare in tempi relativamente brevi.
In molti incapaci e inutilmente scettici, è ancora radicata l’idea che autismo sia sinonimo di condanna a vita e di impossibilità di migliorare rapidamente e significativamente.
I risultati ottenuti da diversi operatori della riabilitazione rappresentano la dimostrazione vivente che è possibile generare, almeno in una certa percentuale dei casi, miglioramenti brillanti e veloci se si lavora con professionalità, capacità, intensività, precocità di intervento.
Perché meravigliarsi dei successi altrui? Forse perché non si è capaci e si preferisce quindi negare che altri siano riusciti dove invece gli incapaci hanno fallito? Forse perché si preferisce continuare a dare dell’autismo una visione immobilista e catastrofista?
Mi interessa poco rispondere pubblicamente a questi perché, anche se credo di conoscerne i motivi, ma mi preme soprattutto tranquillizzare maggiormente i genitori di quei bambini appena inquadrati e diagnosticati come affetti da autismo. Il cammino è lungo e duro, pieno di lacrime, sudore, rinunce, e notti in bianco, ma non è vero che non ci sia nulla da sperare, o che se il bambino migliorerà presto e bene vuol dire che non era autistico.
Non è giusto offendere quelli che, tra sanitari e familiari, si sono adoperati con successo a tirar fuori dall’autismo un bambino che ne era colpito. Non è giusto offendere quel bambino stesso, dicendo che non era mai stato ciò che invece purtroppo era.
La lotta all’autismo, che sta già annoverando diverse vittorie, deve passare anche attraverso informazioni esatte, corrette, veritiere. Nessun trionfalismo, d’accordo, ma nemmeno catastrofismo dettato da incapaci individui appartenenti anche al cosiddetto mondo scientifico, che hanno scarsa voglia di impegnarsi e aggiornarsi, e che riescono solo a provare invidia verso chi è riuscito a ottenere successi.