Se udire affatica, ciò vale in modo particolare per chi soffre di ipoacusia
Certo non era proprio necessaria una ricerca per stabilire una volta per tutte che udire affatica.
Ma si sa come sono fatti i ricercatori, se viene posto loro un quesito, non sono in grado di esimersi per nulla al mondo dal trovare una risposta, possibilmente valida.
Nel caso di cui mi occupo in questo post il quesito è arrivato da un costruttore di apparecchi acustici d’avanguardia.
Va bene sentire le parole, ma che dire se udire affatica?
L’assunto è questo: se per tutti udire costa fatica, la persona che soffre di ipoacusia (e indossa per questo motivo apparecchi acustici), ha un doppio svantaggio.
Deve infatti affaticarsi per capire il senso delle parole in una conversazione, per esempio; e allo stesso tempo è soggetto a uno sforzo maggiore rispetto all’attività uditiva in sé, e in ogni caso più di quanto non avviene nei soggetti cosiddetti normo-udenti.
Comprendi l’importanza? Detto in soldoni, se si riuscisse a liberare una persona con ipoacusia dalla fatica di udire (grazie a un sofisticato apparecchio acustico di ultima generazione, per esempio, che fra l’altro è già in commercio, ed ecco spiegata la ricerca), potrebbe avvantaggiarsene l’attività cognitiva del soggetto in questione, mentre sarebbe ridotto ai minimi termini lo stress da sopportare per poter semplicemente ascoltare.
Chiaro fin qui? Bene. Andiamo avanti.
Perché udire affatica?
L’ipotesi di partenza per lo studio
In premessa si assume che la fatica per ascoltare si manifesta in genere come mancanza d’energia o stanchezza, associate a mancata focalizzazione, difficoltà di concentrazione, declino mentale.
Ciò si verifica non soltanto nei casi di sordità conclamata ma anche nelle ipoacusie di media entità che comportano affaticamento nell’ascolto.
La conseguenza è una caduta del livello d’energia con il conseguente sottrarsi, da parte del soggetto, a qualsiasi attività mentale che richieda energia, o all’attività di relazione come nel caso di una semplice conversazione.
Spiegano gli autori della ricerca pubblicata il 26 marzo 2016 su Hearing Review: con il titolo “Clinical Studies Show Advanced Hearing Aid Technology Reduces Listening Effort“:
«Dopo diverse ore l’accresciuto sforzo per poter udire, conduce inevitabilmente il soggetto a un affaticamento dell’udito. Ne consegue una ridotta capacità di comprendere chi parla. In pratica il paziente non ha più l’energia per restare “sintonizzato”. Ma come si fa a ridurre al minimo lo sforzo per poter udire nelle diverse situazioni che si presentano nell’arco di tutta una giornata? E come si fa a evitare che questo sforzo si trasformi in affaticamento? Questo è il punto critico.»
Possiamo riuscire nell’impresa – aggiungono i ricercatori – se rendiamo l’attività uditiva più facile, cioè priva sforzo.
Naturalmente non fino al punto da evitare qualsiasi sforzo, perché questo equivarrebbe, per una persona che ha problemi d’udito, a non sentirci affatto.
C’è bisogno invece di ottimizzare l’apparecchio acustico in modo da prevenire l’affaticamento, questo è il punto.
Materiali e metodi della ricerca
Sono stati usati vari metodi per determinare l’affaticamento, sia soggettivi (con domande specifiche ai pazienti) che oggettivi (dilatazione della pupilla, ritmo cardiaco, conduttanza cutanea, livello salivare del cortisolo).
E’ stato introdotto anche un innovativo metodo di misurazione oggettiva per determinare lo sforzo uditivo, basato su elettroencefalogramma (EEG), in grado di registrare gli eventi elettrici che hanno luogo nel cervello nel corso di una normale conversazione.
Lo studio clinico prevedeva, una volta registrati i valori di affaticamento soggettivo e oggettivo, il trattamento mediante un innovativo apparecchio acustico in grado di prevenire e ridurre l’affaticamento uditivo.
Risultati della ricerca
I partecipanti hanno riferito di essere passati da uno “sforzo considerevole” a un “piccolo sforzo“.
Il risultato soggettivo è stato confermato dai test eseguiti prima e dopo la somministrazione dell’apparecchio acustico oggetto della ricerca.
«Abbiamo mostrato – concludono i ricercatori – come le nuove performance di Signia primax riducano significativamente l’affaticamento uditivo e che questa riduzione si è verificata in varie situazioni d’ascolto. E’ importante notare che siamo riusciti a documentare questa riduzione facendo ricorso a misurazioni oggettive dell’attività cerebrale. Quando l’affaticamento per l’ascolto è ridotto, i pazienti sono meglio equipaggiati per dedicarsi ad altre attività mentali, inclusa la focalizzazione sulla comunicazione verbale. Ci aspettiamo significativi benefici per chi fa uso di apparecchi acustici innovativi come quello che abbiamo studiato.»
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[by Acufeni, che fare?]